“La Promesa”, Anticipazioni Settimanali dal 6 al 10 Ottobre: Ángela e Curro, Amore Spezzato e un Ritorno Inaspettato
La tenuta de La Promesa si prepara a vivere una settimana di passione, tradimento e colpi di scena che lasceranno il pubblico con il fiato sospeso. Dalla lotta disperata per la vita di Petra, alle macchinazioni di potere che minacciano di distruggere famiglie, fino all’inaspettato ritorno che riaccende antichi misteri, ogni giorno porterà nuove rivelazioni e sfide insormontabili. Il destino di Ángela e Curro, un amore proibito che sembrava condannato, si trova ora a un bivio cruciale, tra proposte di matrimonio scioccanti e alleanze che mettono a repentaglio tutto ciò che credevano di conoscere.
Lunedì 6 Ottobre: Il Sussurro della Morte e un Anello di Sventura
La serenità de La Promesa si infrange bruscamente. Un silenzio opprimente cala sulla servitù, un presagio di sventura che si concentra su Petra Arcos, la governante, pilastro insostituibile e fedele servitrice della marchesa. La donna, un tempo simbolo di incrollabile autorità, giace ora febbricitante, combattendo una battaglia per ogni respiro. Il Dottor Salazar, con il volto contratto dall’impotenza, pronuncia una sentenza: tetano. Una malattia crudele, arcaica, che attacca il corpo con spasmi agghiaccianti. Le parole del medico sono un secchio d’acqua gelida che spegne ogni speranza: la situazione di Petra è critica, e solo un immediato ritrovamento del siero antitossico può salvarla da un destino letale. La notizia della sua imminente morte, un veneno che scorre senza freno nelle sue vene, risale le scale, turbando persino la stoica Doña Cruz, che mostra una fugace, inaspettata espressione di preoccupazione per la sua più fidata confidente.
Mentre la morte incombe nel servizio, i saloni dorati sono teatro di altre battaglie, più silenziose ma non meno devastanti. Adriano, il cui cuore ancora piange l’assenza di Catalina, sembra aver perso ogni forza. Le terre, un tempo motivo di orgoglio, ora gravano su di lui come un peso insopportabile. È Martina, con la sua pragmatica dolcezza, a cercare di ancorarlo alla realtà, offrendo la gestione a Leocadia e suo figlio Jacobo. Un’offerta che Adriano, sfinito, accetta, inconsapevolmente cedendo una pedina fondamentale nel misterioso e ambizioso gioco di potere di Leocadia. L’inquietudine si diffonde anche per la repentina scomparsa di Ricardo, il sostituto di Pía. La sua assenza è un vuoto tangibile, un cratere sanguinante per Santos, il cui figlio è divorato dalla rabbia e dalla disperazione. Nessuno ha risposte, aggiungendo un ulteriore strato di incertezza all’atmosfera già carica di tensione.
Sfruttando l’assenza di Ricardo, Curro affronta suo zio Don Cristóbal, esigendo il ritorno immediato di Pía. “Ricardo non c’è più,” dichiara con fermezza, la sua voce priva di timore. “Ha abbandonato il palazzo. Non hai più scuse.” Lo scontro tra i due uomini è palpabile, un duello di volontà pronto a esplodere. Nel frattempo, un altro cuore si spezza nel silenzio. Vera, la fanciulla che custodisce il segreto delle sue nobili origini, riceve il colpo di grazia. Suo fratello, unico legame con la famiglia che l’ha ripudiata, le nega l’appoggio per tornare dai suoi genitori. Con la porta di casa chiusa e la speranza ridotta in frantumi, si rivolge a Lope. “È finita, Lope,” sussurra, le sue parole fragili come cristallo. Il cuoco, il cuore a pezzi, tenta di trattenerla, ma Vera, rassegnata, dichiara la fine della loro relazione, lasciandolo con la sensazione di aver perso una parte vitale di sé.
In mezzo a tanta oscurità, un raggio di apparente felicità tenta di farsi strada. Toño, l’amico meccanico di Manuel, annuncia radioso il suo imminente matrimonio con l’enigmatica Enora. La notizia viene accolta con gioia, specialmente da Manuel, che sarà il testimone. Tuttavia, persino nel suo sorriso, si cela un’ombra di dubbio. C’è qualcosa in Enora, nel suo sguardo sfuggente e nelle sue risposte evasive, che genera in lui una profonda diffidenza. Qualcosa in quella donna non quadra, e l’idea che il suo migliore amico stia per unire la sua vita a un mistero gli gela il sangue.
La sera cala e con essa il colpo di grazia. Durante una cena nel salone dei signori, la tensione raggiunge il culmine. Curro e Ángela, seduti uno di fronte all’altra, comunicano con sguardi carichi di anelito e disperazione. Il loro amore, un tenero e proibito bocciolo, è stato calpestato. La rottura, forzata dalle circostanze e dalle pressioni familiari, ha creato un abisso tra loro. Proprio quando Curro crede che il dolore non possa essere più acuto, il Capitano Lorenzo si alza. Con un sorriso che non raggiunge gli occhi, annuncia qualcosa che fa impallidire Ángela fino a farla diventare cerulea. Prendendole la mano tremante, dichiara: “Ángela, mi concederesti l’immenso onore di diventare mia moglie?” La domanda resta sospesa nell’aria, grottesca, folle. Curro sente la terra aprirsi sotto i suoi piedi, il mondo si ferma. Vede il panico negli occhi di Ángela, il sorriso trionfante di Lorenzo, lo sguardo indecifrabile di Leocadia, madre di Ángela, e il volto devastato della famiglia Lujan, impotente di fronte a quella stralunata e crudele pantomima. Il “sì”, un sussurro soffocato che emerge dalle labbra di Ángela, è il suono di un cuore che si infrange in mille pezzi. Il suo, e quello di Curro.
Martedì 7 Ottobre: Il Ritorno della Dama e l’Ombra del Dubbio
Il mattino seguente, l’eco della folle proposta di matrimonio di Lorenzo ancora risuona nei corridoi. La colazione è un supplizio. Nessuno parla, gli sguardi dicono tutto. Curro, con profonde occhiaie che tradiscono una notte insonne, mangia a malapena. Ogni volta che alza lo sguardo, incontra l’immagine di Ángela, pallida e assente, seduta accanto all’uomo che ha distrutto le loro vite. Lorenzo, dal canto suo, ostenta una normalità irritante, come se la sera precedente avesse compiuto l’atto più romantico del secolo, anziché un’esecuzione pubblica dei sentimenti di due giovani. Il resto della famiglia Lujan osserva la scena con un misto di rabbia repressa e profonda tristezza. Hanno perso un’altra battaglia nella guerra silenziosa contro il Capitano.
Nei giardini, Adriano continua a vagare nel suo inferno personale. La mancanza di notizie su Catalina è una tortura costante. Si sente un fantasma in un paradiso perduto. Solo una conversazione con Leocadia riesce a strapparlo al suo torpore. “Non possiamo restare a braccia conserte, Adriano,” dice con una determinazione che lui invidia. “Ho assunto un investigatore privato, un uomo discreto ma molto efficace. La troverà. Te lo prometto.” Una scintilla di speranza, minuscola ma intensa, si accende nel petto di Adriano. L’idea che qualcuno, da qualche parte, stia attivamente cercando la sua amata Catalina gli restituisce un barlume della forza che credeva perduta per sempre. Non sa che quella promessa di Leocadia è solo un’altra pedina sulla sua scacchiera, una mossa calcolata in un gioco molto più oscuro.
Martina, nel frattempo, si rifugia nella scrittura. Seduta alla sua scrivania, tenta di mettere ordine nei suoi pensieri in una lettera per sua madre, Margarita. Racconta gli ultimi eventi, la malattia di Petra, la cessione delle terre da parte di Adriano, ma si ferma arrivando alla cena della sera prima. Come spiegare la follia della proposta di Lorenzo? Come trasmettere il dolore negli occhi di Curro, suo cugino, che ama come un fratello? Decide di ometterlo. Ci sono dolori troppo grandi per essere affidati alla carta e all’inchiostro. Cancella la frase e sigilla la lettera, nascondendo una verità che, prima o poi, esploderà.
La notizia della malattia letale di Petra si è diffusa come un incendio, e l’impatto è stato brutale in entrambi i mondi de La Promesa. Giù, tra il servizio, la paura si mescola a una genuina pena. Nonostante il suo carattere a volte aspro e la sua cieca lealtà alla marchesa, Petra è parte della loro disfunzionale famiglia. L’idea di perderla in modo così atroce li unisce in una tristezza condivisa. Su, tra i signori, la reazione è più contenuta, ma la preoccupazione è reale. Petra sapeva troppo. Era la custode di innumerevoli segreti della famiglia Lujan, e la sua possibile morte apriva un vaso di Pandora che nessuno voleva vedere aperto.
Lope, con il cuore ancora addolorato, non riesce a staccare gli occhi da Vera. La vede distante, con lo sguardo perso, e un terribile sospetto si insinua in lui. È convinto che lei cercherà ancora il confronto con suo fratello, lo stesso che le ha chiuso le porte di casa. L’idea che continui a cercare l’approvazione di coloro che l’hanno disprezzata gli causa un dolore fisico. Non si rende conto che la sua vera casa, la sua vera famiglia, è lì, a La Promesa. Non si rende conto che lui la ama al di sopra del suo lignaggio e dei suoi segreti. Ma Vera mantiene una barriera di ghiaccio intorno a sé, e Lope non sa come abbatterla senza farsi ancora più male.
Manuel, intanto, continua a osservare Enora. La sua diffidenza non è una semplice intuizione, sta diventando una certezza. Durante una conversazione casuale sull’hangar e sui progressi del suo prototipo, le pone una domanda tecnica, una domanda la cui risposta solo qualcuno che avesse studiato attentamente i progetti potrebbe conoscere. “Enora, cosa ne pensi della modifica che ho proposto per l’angolo d’attacco dell’ala sinistra? Toño mi ha detto che avevi dato un’occhiata ai nuovi schizzi.” Lei esita per un istante, un secondo appena, ma per Manuel è un’eternità. “Oh, sì, certo. L’ho trovata molto azzeccata, Manuel. Un miglioramento geniale,” mente. Manuel lo capisce all’istante. La risposta è troppo vaga, troppo rapida. Non ha visto i progetti. E se mente su qualcosa di così banale, su cos’altro potrebbe mentire? Decide che è il momento di metterla alla prova, di trovare una prova inconfutabile per aprire gli occhi al suo amico.
Il pomeriggio scorre lento e pesante, carico di tensioni e silenzi, quando una carrozza si ferma davanti all’ingresso principale. Nessuno se l’aspettava. Da essa scende una figura che tutti credevano esiliata, una donna la cui assenza aveva lasciato un vuoto impossibile da colmare. È Pía Adarre. È più magra, con un’ombra di stanchezza sul volto, ma la stessa determinazione di sempre brilla nei suoi occhi. Il suo ritorno scuote le fondamenta de La Promesa. La servitù la accoglie con un misto di gioia e stupore. È tornata. La vera governante è di nuovo a casa. Pía percorre con lo sguardo i volti dei suoi compagni, cercando uno in particolare. Non lo trova. La sua prima domanda, pronunciata con un’urgenza che zittisce tutte le altre, è diretta e affilata come un coltello. “Dov’è Ricardo?” Il silenzio che segue la sua domanda è assordante. Gli sguardi si incrociano schivi, carichi di una verità che nessuno osa pronunciare. In quell’istante, Pía capisce che qualcosa di terribile è accaduto. Scoprirà la verità sulla fuga di Ricardo, l’uomo per cui aveva rischiato tanto? Il suo ritorno non è la fine di un esilio, ma l’inizio di una nuova e dolorosa ricerca.
Mercoledì 8 Ottobre: La Lotta per la Vita e lo Smascheramento
Il mercoledì sorge con un’urgenza febbrile. Petra si consuma. Gli spasmi diventano sempre più frequenti e violenti, e il suo corpo, un tempo rigido ed eretto, è ora un ammasso di dolore. In mezzo alla disperazione generale, emerge una figura inaspettata. Samuel, il giovane e silenzioso valletto, si offre volontario per una missione quasi impossibile. “Ho sentito parlare di un ospedale nella città vicina che potrebbe avere il siero,” dice la sua voce sorprendentemente ferma. “Se mi date il permesso, posso prendere un cavallo e andare subito. Forse, forse c’è ancora tempo.” La sua determinazione è un balsamo in mezzo all’impotenza. Romulo annuisce, concedendogli il permesso e la benedizione. Samuel parte al galoppo, diventando l’unica e fragile speranza a cui tutti, signori e servi, si aggrappano per salvare Petra.
Mentre una vita pende da un filo, altre nuove richiedono attenzione. Martina, cercando uno scopo per mitigare la propria angoscia, si dedica alla cura dei figli di Catalina. I piccoli, ignari della scomparsa della madre, trovano in sua zia un rifugio di affetto e giochi. Tuttavia, questa dedizione non è ben vista da tutti. Jacobo, il figlio di Leocadia, osserva Martina con crescente ostilità. “Sembra che ti sia appropriata molto velocemente del ruolo di madre,” le sibila in un’occasione con un tono mordace che non ammette repliche. “I bambini hanno bisogno di normalità e affetto, Jacobo,” risponde lei senza lasciarsi intimidire. “Qualcosa che né tu né tua madre sembrate interessati a fornire.” La frizione tra loro è costante, una guerra a bassa intensità per il controllo del territorio emotivo della casa. Martina non si fida di lui e Jacobo vede in lei un ostacolo ai piani che lui e sua madre tessono nell’ombra.
Il ritorno di Pía porta con sé un riassetto di potere nella zona del servizio. La prima conseguenza è lo scontro diretto con le conseguenze della partenza di Ricardo. Santos, ferito e risentito, la riceve con un freddo tagliente, incolpandola indirettamente dell’abbandono del padre. Ma la prova del fuoco è il suo incontro con Don Cristóbal. Pía si presenta nel suo studio, eretta, senza paura. “Sono tornata, signore.” Cristóbal la guarda dalla sua poltrona con un’espressione indecifrabile. Avrebbe potuto licenziarla di nuovo, umiliarla, ma qualcosa nella dignità di Pía sembra disarmarlo. Forse l’intervento di Curro ha avuto effetto. “Benvenuta di nuovo, Pía,” dice, con sua sorpresa. “Le restituisco il suo posto di governante e ho deciso di sopprimere il sistema di punizioni che Ricardo aveva imposto. Si è dimostrato inefficace.” È una vittoria, una vittoria importante. Pía ha recuperato il suo posto e il suo primo atto di potere è affrontare Santos. Lo trova nel corridoio, lanciandogli uno sguardo carico di disprezzo. “Santos,” dice, la sua voce tranquilla ma con un filo d’acciaio. “So che sei ferito e mi dispiace, ma finché sarò la governante, qui si lavora con rispetto e disciplina. Il tuo atteggiamento risentito non sarà tollerato. Hai agito come se questo palazzo fosse tuo e ti assicuro che non lo è. D’ora in poi, mi aspetto da te la stessa obbedienza del resto. È chiaro.” Il giovane la guarda con rabbia, ma negli occhi di Pía vede un’autorità che non aveva visto in nessun altro. Annuisce con riluttanza, sigillando l’inizio di una relazione tesa e conflittuale. Pía ha vinto la prima battaglia.
La sofferenza di Curro, d’altra parte, è silenziosa e profonda. Vedere Ángela costretta a passeggiare al braccio di Lorenzo, a sorridergli, a pianificare un futuro che non è il suo, è una tortura quotidiana. Si sente impotente, intrappolato in una gabbia dorata, mentre l’amore della sua vita gli viene strappato. Ángela, dal canto suo, si muove come un automa, la sua anima sempre più lontana dal suo corpo, prigioniera di una promessa che la sta uccidendo dall’interno. La felice coppia di promessi, Toño ed Enora, ha anch’essa i suoi conflitti. Toño, entusiasta, vuole iniziare a fare piani concreti. “Dovremmo fissare una data per il matrimonio, amore mio,” le dice, prendendole le mani. “Potremmo sposarci in primavera.” Enora schiva la proposta con un’abilità sorprendente. “Tesoro, non così in fretta. Con la signora Arcos così malata, non sarebbe appropriato. Inoltre, le regole de La Promesa sono molto severe per i matrimoni del servizio. Dobbiamo essere prudenti.” Toño, sempre fiducioso, accetta la scusa senza esitare. Ma Manuel, che ha ascoltato la conversazione, vede la verità. Non è prudenza, è una tattica dilatoria, e capisce che è giunto il momento di agire. Quella sera cerca Toño nell’hangar. Porta con sé i progetti originali dell’aeroplano e una copia degli schizzi più recenti. “Toño, dobbiamo parlare,” dice Manuel, la sua espressione seria. “Riguarda… Cosa c’è con lei?” chiede il suo amico sulla difensiva. “Ti sta mentendo.” Manuel stende i progetti sul tavolo da lavoro. “Le ho chiesto di questa modifica,” dice, indicando un dettaglio tecnico complesso. “Mi ha detto che l’aveva vista e che l’aveva trovata geniale. Toño, questo schizzo l’ho finito ieri sera. È impossibile che l’abbia visto. Non sono mai stato a questo tavolo.” Toño guarda i progetti. Poi a Manuel, il suo viso un poema di confusione e negazione. “Perché dovrebbe mentirmi su una cosa del genere? Non ha senso.” “È quello che voglio scoprire,” risponde Manuel, la sua voce carica di grave preoccupazione. “Ti ho detto che non mi fidavo di lei. Ha detto di aver studiato i progetti per aiutarti, per capire la tua passione. Ma era una bugia. Non li ha toccati. La domanda, amico mio, è cosa sta cercando veramente.” Il seme del dubbio è finalmente piantato. Toño guarda i progetti, la prova inconfutabile della bugia della sua promessa, e per la prima volta il velo della felicità si strappa, rivelando una verità inquietante e sconosciuta. La sua reazione, un misto di rabbia e sgomento, è il preludio di una tempesta che sta per scatenarsi.
Giovedì 9 Ottobre: Il Gioco delle Maschere e la Verità Rivelata
La notizia della passeggiata mattutina di Ángela e Lorenzo, una finta stampa di felicità coniugale, giunge alle orecchie di Leocadia. Tutti si aspettano una reazione di soddisfazione da parte della madre che ha orchestrato quel fidanzamento, ma la sua risposta è sconcertante, per usare un eufemismo. Invece di lodare l’obbedienza della figlia, la riceve con un freddo calcolatore. “Non basta passeggiare, Ángela,” le dice nell’intimità dei suoi appartamenti. “Devi mostrarti innamorata. Devi convincere tutti, specialmente i Lujan, che questa unione è il tuo desiderio più grande. La tua felicità è la nostra migliore arma.” Ángela la guarda attonita. “Arma, madre? Di cosa stai parlando? Questa è la mia vita.” Leocadia sorride. Un sorriso gelido che non le raggiunge gli occhi. “Tutto in questa vita è una battaglia, cara. E noi stiamo per vincere la guerra.” La reazione di Leocadia non è quella di una madre, ma quella di un generale che muove le sue pedine. Ángela sente un brivido. Si rende conto di essere solo un pedone in un gioco di cui non conosce le regole né l’obiettivo finale.
Il disorientamento regna anche nell’hangar. Toño ha passato la notte insonne a rimuginare sulla rivelazione di Manuel. Il tradimento di Enora, sebbene apparentemente piccolo, ha aperto una crepa nella sua fiducia. Quando finalmente si confronta con lei, lei è preparata. “Perché mi hai mentito, Enora?” chiede la sua voce tremante di dolore. “Perché hai detto di aver visto i progetti?” Manuel è presente come testimone silenzioso. La risposta di Enora è un capolavoro di manipolazione. I suoi occhi si riempiono di lacrime, la sua voce si spezza e costruisce una storia di insicurezza e desiderio di impressionarlo. “Ho paura,” sussurra, aggrappandosi al braccio di Toño. “Paura che tu pensassi che fossi stupida, che non capissi il tuo mondo, la tua passione. Volevo solo che tu fossi orgoglioso di me. Ho visto i progetti sul tavolo e ho pensato che se avessi detto di capirli, mi avresti ammirata di più. È stata una stupidaggine, lo so. Perdonami, Toño, per favore.” La recitazione è così convincente che Toño, disperato di crederle, inizia a cedere. Vede una donna vulnerabile, non una bugiarda. Ma Manuel non si lascia ingannare. Vede gli ingranaggi della sua mente lavorare, il modo in cui i suoi occhi calcolano l’effetto di ogni lacrima. Tuttavia, non dice nulla. Affrontarla direttamente la metterebbe solo in guardia. Deve aspettare, osservare e scoprire il suo vero obiettivo.
Nel frattempo, nello studio di Don Cristóbal, Leocadia gioca la sua carta più importante. La conversazione sull’investigatore assunto per cercare Catalina prende una piega inaspettata. “L’investigatore è una farsa, Cristóbal,” confessa Leocadia con assoluta sicurezza. “È un attore che ho ingaggiato. Il suo unico scopo è dare false speranze ad Adriano e tenerlo qui, distratto e docile.” Cristóbal la guarda impressionato dalla sua audacia. “E qual è lo scopo di tutto questo, Leocadia?” “Lo scopo è La Promesa,” risponde lei, i suoi occhi brillanti di ambizione smisurata. “Con Adriano neutralizzato e il matrimonio di Ángela e Lorenzo assicurato, controlleremo le terre e il capitale del Capitano. Io e Jacobo prenderemo il controllo totale. La Promesa sarà nostra.” La verità cruda e spietata viene svelata. Non si trattava di alleanze o matrimoni di convenienza. Si trattava di una conquista, un piano meticolosamente studiato per usurpare il patrimonio dei Lujan.
Lontano da queste intrighi di palazzo, Lope combatte la sua disperata battaglia. Sa che Vera ha intenzione di tornare a casa dei suoi genitori. Nonostante il rifiuto di suo fratello, la trova che prepara in segreto una piccola borsa. “Non farlo, Vera,” la supplica la sua voce carica di angoscia. “Non tornare dove non ti vogliono. Non vedi che la tua vita è qui? Che io ti voglio? Dimentica i Duchi di Carril. Dimentica chi eri. Resta qui e sii te stessa con me.” Le lacrime agli occhi di Vera. Le parole di Lope sono un balsamo, ma anche un promemoria di ciò che sta per perdere. “Non posso, Lope. È mio padre, è malato. Devo provarci un’ultima volta. Devo chiedergli perdono.” “E se ti rifiutasse di nuovo?” chiede Lope, temendo la risposta. “Allora saprò che ho perso tutto,” sussurra lei.
Lo scontro senza precedenti, tuttavia, è quello che vede protagonista Pía, stanca dell’insubordinazione e delle continue provocazioni di Santos, lo mette all’angolo nella dispensa. “È finita, ragazzo,” dice la sua voce bassa ma vibrante di autorità. “Non tollererò un altro mancamento di rispetto. Sono la governante, ti piaccia o no, e tu sei un valletto. Il tuo compito è obbedire, non mettere in discussione, e certamente non infastidire i tuoi superiori. Ricardo se n’è andato e incolparmi non lo riporterà indietro. O inizi a comportarti come un membro decente di questo servizio, o ti giuro per la cosa più sacra che ti farò licenziare in un modo così umiliante che non troverai mai più lavoro in tutta la provincia.” La minaccia è così diretta, così brutale, che Santos retrocede per la prima volta, spaventato. Vede in Pía una donna che non va per il sottile, una leader che è tornata per reclamare il suo trono e che non esiterebbe a schiacciare chiunque si mettesse sulla sua strada. La guerra tra loro non è finita, ma Pía ha reso chiaro chi ha il potere. La gerarchia è finalmente stata ristabilita a La Promesa.
Venerdì 10 Ottobre: Il Furto della Disperazione
La fine della settimana arriva con la stessa atmosfera opprimente con cui era iniziata. Petra si aggrappa alla vita per un filo sempre più sottile. Il siero che Samuel era andato a cercare non è arrivato e ogni ora che passa è una vittoria per la malattia. L’agonia della governante è un promemoria costante della fragilità della vita. In mezzo a questa angoscia, Curro e Ángela trovano un momento per parlare da soli, un istante rubato nella galleria che si affaccia sui giardini. La disperazione sul volto di Ángela è insopportabile. “Non ce la faccio più, Curro,” sussurra la sua voce rotta. “Mia madre mi pressa. Lorenzo mi sorveglia. Mi sento soffocare.” Curro le prende le mani, il suo cuore a pezzi per l’impotenza. “Dobbiamo fare qualcosa, Ángela. Non possiamo arrenderci.” E allora, in un atto di pura disperazione, emerge un’idea terribile. Un’alleanza con… Lorenzo, dice Curro in un sussurro. “Lui ha contatti, ha potere. Forse lui potrebbe procurare il siero per Petra.” Ángela lo guarda inorridita. “Chiedere aiuto a lui, all’uomo che…” “Lo so, ma se salva Petra, forse ci darà un po’ di respiro. Dimostreremo che siamo dalla sua parte. Guadagneremo tempo.” “È la nostra unica opzione, Ángela.” È un patto faustiano, una soluzione terribile, ma l’unica che riescono a concepire. Con l’anima in gola, si avvicinano al Capitano. Con loro sorpresa, Lorenzo, dopo aver ascoltato la supplica, acconsente. Non lo fa per bontà, ma per strategia. Salvare la fedele servitrice della marchesa gli procurerà il favore di Doña Cruz, rafforzando la sua posizione nella famiglia. Acconsente a gestire la ricerca di un siero, diventando l’improbabile salvatore.
Nell’hangar, Enora completa il suo capolavoro di inganno. Non solo ha convinto Toño della sua innocenza, ma è anche riuscita a dare a Manuel una spiegazione plausibile del suo interesse per i progetti. Ha parlato di un investitore straniero interessato all’aviazione, della possibilità di ottenere finanziamenti per il progetto di Manuel. Le sue ragioni erano così elaborate, così piene di dettagli verosimili, che persino il diffidente Manuel ha iniziato a dubitare dei propri sospetti. E se si fosse sbagliato? E se Enora, a suo modo strano, stesse solo cercando di aiutare? La manipolatrice è riuscita a seminare confusione, guadagnando tempo prezioso per i suoi veri piani.
Pía, dal canto suo, è assalita da un momento di debolezza. L’incertezza sulla sorte di Ricardo, sommata alla pressione del suo incarico e alla costante ostilità di Santos, la sopraffà. “Forse dovrei andarmene,” confida a Yana e Teresa, “Lasciare La Promesa e cercare Ricardo da sola.” Le sue compagne la circondano immediatamente, formando uno scudo di affetto e saggezza. “Non puoi farlo, Pía,” dice Yana con fermezza. “E tuo figlio Dieguito ha bisogno di te qui, in un posto sicuro. Non puoi trascinarlo in una ricerca incerta. Resta e lotta per lui.” Le parole delle sue amiche sono l’ancora di cui aveva bisogno. Avevano ragione. La sua priorità era suo figlio. Avrebbe rimandato la ricerca di Ricardo a più tardi. Il suo posto, per ora, era lì.
Nel frattempo, Vera, usando una elaborata scusa su un incarico urgente per la marchesa, si assenta dal palazzo. La sua vera destinazione è una visita segreta a suo padre, il duca. È il suo ultimo tentativo, l’ultima possibilità di riconciliazione prima di accettare il suo destino. Nei giardini, ignari di tutto, Martina e Adriano condividono un momento di calma. Parlano di Catalina, delle loro speranze, e la buona intesa tra loro è evidente. Adriano, grato per il supporto di Martina, l’abbraccia con affetto. Un abbraccio innocente, di pura gratitudine, ma che viene osservato da lontano dagli occhi acuti di Jacobo. Un sorriso malizioso si disegna sul suo volto. Ha appena trovato una nuova arma per usarla contro Martina, un modo per seminare discordia e dipingerla come una che tenta di sedurre il promesso sposo della sua cugina scomparsa.
La notte cala portando con sé il culmine della disperazione. Ángela, messa all’angolo, supplica sua madre nella sua stanza. “Dammi più tempo, madre, per favore. Non sono pronta per questo matrimonio.” “Non c’è più tempo, Ángela,” risponde Leocadia, implacabile. “Il Capitano è un uomo impaziente. Dovrai compiere il tuo dovere.” In quell’istante, Curro, mosso da un’idea folle e disperata, si intrufola nella stanza di Leocadia. Se non può liberare Ángela con le buone, forse può comprare la sua libertà. Sapeva che la sua famiglia aveva problemi economici. Forse se avesse trovato qualcosa di grande valore, avrebbe potuto offrirlo a Lorenzo in cambio della rottura del fidanzamento. I suoi occhi cadono su un pesante e antico collier di zaffiri che Leocadia custodiva nella sua cassetta dei gioielli. Era il pezzo più prezioso della famiglia di Ángela. Con il cuore che batteva a mille all’ora, forzò la serratura della cassetta dei gioielli. Le sue dita tremanti circondarono le fredde pietre del collier. Proprio quando stava per infilarlo in tasca, la porta della stanza si aprì. La luce del corridoio stagliava una silhouette sulla soglia. Era Leocadia. Il tempo si congelò. Curro rimase paralizzato con il collier in mano, colto in flagrante. L’urlo soffocato di Ángela, che aveva seguito sua madre, risuonò nel corridoio. Gli occhi di Leocadia passarono dal volto terrorizzato di Curro al collier che teneva in mano. Un’espressione non di sorpresa, ma di trionfo gelido, le si impadronì del volto. Non aveva scoperto un ladro, aveva catturato la sua preda. “Ma cosa abbiamo qui,” disse la sua voce un sibilo velenoso che prometteva terribili conseguenze. “Il signorino Curro che ruba alla mia famiglia.” Il futuro di Curro, il destino del suo amore con Ángela, e forse l’equilibrio di potere nell’intera Promesa pendevano da quell’unico e terribile istante. La settimana finiva non con una risposta, ma con una domanda carica di terrore. Quali sarebbero state le conseguenze di quel furto nato dalla più pura disperazione?