BEGOÑA NON RIESCE A NASCONDERE LA SUA GRAVIDANZA ED È SUL PUNTO DI ESSERE SCOPERTA, IN “SOGNI DI LIBERTÀ”

Cari appassionati di drammi intensi e segreti sconvolgenti, preparatevi! L’ultima puntata di “Sogni di Libertà” ci ha lasciato col fiato sospeso, dipingendo un quadro di tensione crescente e rivelazioni che potrebbero cambiare per sempre le sorti della famiglia Reina. Al centro della tempesta emotiva e fisica, una Begoña sempre più in difficoltà, il cui stato di gravidanza, tanto atteso quanto pericoloso, sta per sfuggire al suo controllo, minacciando di sgretolare le fragili certezze su cui ha costruito la sua vita.

L’episodio si apre nella sfarzosa ma carica di presagi dimora dei Reina. Julia, l’innocenza che contrasta con l’oscurità circostante, cerca disperatamente le sue amate acquerelle, indispensabili per le lezioni d’arte. Con la purezza della sua preoccupazione, si rivolge a Begoña, lamentando la scomparsa dei preziosi strumenti. Begoña, con una dolcezza che nasconde un tormento crescente, tenta di rassicurare la bambina, invitandola a essere più attenta. Ma è un gesto involontario, una mano che si porta istintivamente alla bocca per sedare un malessere improvviso, a tradirla. Un attimo di vertigine, quasi impercettibile, ma che non sfugge all’occhio vigile di Julia.

“Cosa ti succede?”, domanda la bambina, la sua inquietudine palpabile. Begoña, con la velocità di chi è abituato a recitare una parte, tenta di dissimulare: “Niente, niente, sto bene.” Ma Julia, con la tenacia tipica della sua età, insiste: “Tornerai a restituire.” Begoña, con un sorriso tirato, cerca di placarla: “No, Julia, è stato solo un momento. Ho lo stomaco un po’ sottosopra.” La preoccupazione di Julia, però, non si placa. Anzi, si intensifica. Suggerisce che sia il fattorino ad accompagnarla a scuola, “Meglio che mi porti il fattorino. Non voglio che ti senti più male in macchina.” Begoña, a malincuore, accetta: “Hai ragione, tesoro. Questo pomeriggio, se mi sentirò meglio, ti accompagnerò a comprare le acquerelle.”


Ma la preoccupazione di Julia ha radici più profonde e un preavviso inquietante: “L’altro giorno ti faceva male anche la pancia. Perché non dici a Luz di visitarti? Non voglio che ti ammali.” Ed è in quel preciso istante che María, invisibile complice delle conversazioni che avvengono tra le mura domestiche, viene colpita da un ricordo lancinante. Le dure parole di Luz risuonano nella sua mente come una sentenza inappellabile: “María, c’è qualcos’altro. Date le gravi lesioni, non potrai avere figli.” Quella condanna, che le ha strappato via ogni speranza di maternità, ritorna con una violenza inaudita nel vedere Begoña in quella stessa situazione di potenziale sofferenza.

María, visibilmente turbata ma determinata a mantenere un contegno, entra nella stanza, cercando di nascondere il tumulto interiore. Con un tono di finta indifferenza, domanda a Begoña: “Stai male? Vuoi che avvisi qualcuno?” Begoña, ancora più nervosa di prima, risponde rapidamente: “No, grazie. Tranquilla, appena arriverà il dispensario parlerò con Luz.” Julia, però, non molla la presa, la sua preoccupazione genuina: “Davvero, non voglio che stai peggio.” E in un gesto inaspettato, María, mossa da una compassione che sembra superare il suo stesso dolore, insiste con voce sommessa: “Hai bisogno di qualcosa?” Ma Begoña, con fermezza, tronca la conversazione: “No, grazie. Tra 5 minuti vado al dispensario.”

Nel frattempo, il dramma si sposta nel cuore pulsante della fabbrica. Andrés, con la serietà di chi è consapevole del peso delle sue responsabilità, ispeziona le calderai. L’atmosfera è densa di tensione. “Allora, cosa è successo esattamente?”, chiede, la sua voce che taglia il silenzio carico di incertezza. Un operaio, con il volto segnato dalla preoccupazione, spiega: “Questa mattina ho notato che la pressione della caldaia principale era più alta del normale. Anche se sono riuscito a stabilizzarla, non riesco ancora a localizzare il problema.”


Tasio, con un’esclamazione carica di frustrazione, esclama: “Manda il diavolo. Ora che abbiamo chiuso quel bonus e stiamo funzionando a mezzo regime, non capisco perché tutto vada così male.” Andrés, scrutando le macchine con occhio esperto, dichiara: “Qui sembra tutto a posto. Rivediamo ogni parte con calma. Vedi qualcosa di strano?” Tasio scuote la testa: “No, gli indicatori sono normali.” Joaquín, intervenendo con un’occhiata penetrante all’operaio, domanda: “Quando hai fatto l’ultima revisione?” “Benito,” risponde l’operaio, “giovedì scorso e era tutto in ordine.” Joaquín si avvicina ad Andrés, sussurrando con un’aria di crescente sospetto: “Di quest’uomo mi fido ciecamente. Fa sempre il suo lavoro con coscienza e segue le istruzioni alla lettera. C’è qualcosa che non quadra qui.”

Andrés, con la fronte corrugata in un profondo pensiero, osserva: “È difficile vederlo a occhio nudo.” Tasio lancia una nuova ipotesi, una congettura che sembra sfiorare il punto dolente: “Non sarà perché abbiamo fermato la produzione di sapone e abbassato il rendimento della caldaia? Forse si è disconfigurata.” Andrés prende una decisione, la sua mente strategica già all’opera: “Controllerò tutta l’installazione, ma prima ho bisogno di vedere i piani.”

“Quelli sono in segreteria,” risponde Joaquín. I due si dirigono verso la segreteria, mentre Tasio rimane sul posto, il suo volto ancora segnato da una profonda diffidenza. È qui che il destino, o forse una mano invisibile e malevola, sta per intrecciarsi.


Nella segreteria, Gabriel è al telefono, il suo tono apparentemente calmo, ma gli occhi che tradiscono un’inquietudine sottile. “Sì, mi dica. Sì, sono io. Come dice che si chiama?”, chiede, un lampo di sorpresa negli occhi. Dall’altro capo della linea, una voce femminile risponde, pronunciando un nome che Gabriel non riconosce: Elisenda Monleón. Il suo cipiglio si fa più marcato. “Non conosco nessuno con questo nome. Chiede di me? Bene, passatemela.” Ma al sentire la voce che ora parla dall’apparecchio, Gabriel si blocca. “Non riconosci la mia voce?”, dice una donna con un tono carico di rimprovero.

Gli occhi di Gabriel si sgranano. “Isabel, ma come ti viene in mente di chiamare qui?” Con una certa freddezza, lei risponde: “Volevo solo sapere come andavano i tuoi piani.” Gabriel, visibilmente irritato e con voce bassa, quasi un sussurro, tuona: “Sai cosa hai appena fatto? Questo tipo di chiamate possono rovinare tutto. Lavoro da mesi a questo. Mesi. Ti prego, non puoi rischiare tutto in questo modo.” Lei replica, un velo di tristezza nella sua voce: “E io non ho tue notizie da più di una settimana. Quando pensavi di chiamarmi?” Gabriel sospira, lottando per controllare la sua ira: “Ho avuto giorni molto complicati. Ti chiamerò questo pomeriggio, ma da un posto più discreto. Non richiamare più qui.”

Proprio in quel preciso istante, Joaquín e Andrés entrano nella segreteria. Gabriel, colto in fallo, cambia rapidamente tono: “Sì, certo. Non si preoccupi. Le mando la documentazione, per favore. Sì. Sì, arrivederci.” Riaggancia il telefono proprio mentre loro si avvicinano. “Gabriel, scusa se ti interrompiamo. Dobbiamo fare una consultazione,” dice Andrés con gentilezza. Gabriel finge una calma ostentata: “Non vi preoccupate, raccolgo le mie cose e vi lascio soli.” Esce dalla stanza lentamente, ma invece di allontanarsi, si ferma attaccato alla porta, attento ad ogni parola. Il suo sguardo è astuto, calcolatore; sa che ogni dettaglio può servirgli.


All’interno, Joaquín porge ad Andrés i piani della fabbrica. “Ora ti chiarisci con i piani per capire perché è salita la pressione.” Andrés esamina i documenti con intensa concentrazione. “Non lo so ancora, ma almeno mi aiuteranno a capire come funziona il circuito della caldaia e dove sono tutte le connessioni.” Joaquín, con un’ombra di preoccupazione, commenta: “Spero che non dovremo spegnerle. Riavviare le caldaie comporterebbe un sovrapprezzo enorme. Farle tornare alla temperatura adeguata implicherebbe spendere una fortuna in combustibile.”

Andrés annuisce con fermezza: “Esatto. Ma non dovremmo arrivare a questo, a patto di trovare il guasto in tempo. E dobbiamo farlo prima di riaprire la saponificazione. Per allora le caldaie dovranno essere a pieno regime.” “E non credi che dovremmo anche cambiarle?”, domanda Joaquín, insicuro. “No,” risponde Andrés con convinzione. “Sono caldaie inglesi, robuste come nessun’altra.” Joaquín sorride, un’espressione di sollievo che gli solca il viso. “Meno male. E con una buona manutenzione possono durare decenni.”

“Per quanto ne so,” aggiunge Joaquín, “da quando è stata aperta la fabbrica, sono state spente solo un paio di volte, sempre per revisioni programmate per non influire sulla produzione. I nostri padri non hanno badato a spese quando hanno avviato l’azienda, vero, Andrés?” Andrés annuisce, con un velo di nostalgia negli occhi: “Non si può negare che abbiano fatto le cose per bene, soprattutto con la sala caldaie, che è il cuore della fabbrica.” Con un tono quasi reverenziale, Joaquín aggiunge: “Mio padre diceva sempre che senza quelle caldaie, senza il vapore che generano, nulla funziona. Tutta la produzione dipende da loro. Senza caldaie non c’è magia”, ripeteva, e non si sbagliava.”


Quelle parole, cariche di significato per i cugini, arrivano come musica alle orecchie di Gabriel, che ascolta in silenzio dal corridoio. Un sorriso oscuro si dipinge sul suo volto. In quel momento, comprende qualcosa di essenziale. La vulnerabilità della fabbrica risiede nelle caldaie e lì, proprio in quel dettaglio, trova il tassello mancante per avanzare nel suo piano di distruzione.

Cosa scoprirà Andrés esaminando a fondo i piani delle caldaie? Riuscirà Gabriel a sfruttare questo guasto nella fabbrica per far progredire il suo piano contro i Reina? Cosa succederà se María rivelerà pubblicamente la gravidanza di Begoña? Fino a che punto sarà disposta a spingersi Isabel pur di non perdere Gabriel nel mezzo della sua pericolosa strategia?

Lasciateci nei commenti le vostre teorie su cosa accadrà. Siamo ansiosi di leggervi. Grazie per averci accompagnato in questa anteprima esclusiva di “Sogni di Libertà”. Vi aspettiamo in un nuovo speciale approfondimento. Alla prossima! Yeah.