🔴 ‘Valle Salvaje’ Capitolo 267: Adriana Decide il Suo Destino e Tomás Tradisce – Un Turbine di Tradimenti e Scelte Che Sconvolgono il Valle

Giovedì 2 ottobre. Una data che si incide a fuoco nel cuore di “Valle Salvaje”, poiché il capitolo 267 di questa saga avvincente promette di scuotere le fondamenta stesse della narrazione. Le decisioni prese, i segreti svelati e i tradimenti orchestrati in questa puntata sono destinati a ridisegnare il futuro di ogni personaggio, gettando un’ombra densa e carica di suspense sui destini che ancora devono compiersi.

Il velo sulla vera natura di Tomás viene finalmente squarciato. Non è tornato mosso da un sentimento nostalgico o da un ritrovato amore, bensì con un piano meticolosamente congegnato per impadronirsi di un oggetto di inestimabile valore custodito gelosamente nella “casa grande”. Le sue intenzioni sono limpide come il cristallo, ma oscure come la notte più fonda.

Con una freddezza glaciale, Tomás non esita a piegare al suo volere l’ingenuo Atanasio, il capataz, trascinando nell’ombra anche Luisa, sfruttando un oscuro segreto del loro passato come arma di ricatto. Ogni mossa di Tomás è calibrata per seminare il caos e ottenere ciò che brama, dimostrando una spietatezza che getta un nuovo, terrificante significato sulla parola “sopravvivenza” nel Valle.


Nel frattempo, le vite di Leonardo e Irene continuano a essere schiacciate dal peso opprimente delle aspettative e delle pressioni familiari. Entrambi si sentono prigionieri di una “gabbia dorata”, dove l’amore puro e appassionato che li lega si scontra violentemente con i muri eretti dalle ambizioni dei loro genitori.

E poi c’è Bárbara. Ferita, confusa, cerca rifugio tra le braccia della sua amata sorella Clara, mentre la sua mente è un groviglio di emozioni contrastanti, tormentata dalla proposta inaspettata di José Luis. La sua indecisione è palpabile, un preludio a una scelta che potrebbe cambiare il corso della sua esistenza.

Ma al centro di questo ciclone emotivo, la figura dominante è quella di Adriana. Di fronte al Duca, è sul punto di pronunciare la sua decisione. La sua scelta oscilla tra la promessa di felicità tra le braccia di Rafael, che significherebbe rinunciare all’eredità paterna, o la difesa strenua di ciò che ha sempre appartenuto ai Gálvez de Aguirre. Quale strada sceglierà? La terra o il cuore?


Il Veleno della Manipolazione: Tomás Architetta la Sua Vendetta

Il sole del tramonto cala su Valle Salvaje come un manto d’oro intriso di malinconia. È una di quelle serate d’ottobre in cui l’aria porta un sussurro di freddo, un presagio dell’inverno imminente e, con esso, la certezza che le cose stanno per cambiare, forse per sempre. Le ombre degli alberi si allungano sulla terra ocre, e nella quiete del valle, le passioni, le paure e le ambizioni dei suoi abitanti ribollono in silenzio, come un vulcano sull’orlo dell’eruzione.

Nella penombra polverosa di una taverna lontana dal centro del paese, luogo prediletto da uomini di poche parole e molte sequele, Tomás sorseggia il suo bicchiere di acquavite. Il liquido aspro gli brucia la gola, ma il fuoco interiore che lo consuma è ben più intenso. I suoi occhi, due schegge di ghiaccio in un volto segnato dal sole e dall’astuzia, sono fissi su Atanasio, il capataz della casa grande. L’uomo, corpulento e dall’intelletto semplice, beve con l’avidità di chi non paga il proprio conto.


“Allora, mi stai dicendo che il vecchio Duca custodisce quel gingillo nel suo studio?”, chiede Atanasio con la voce impastata dall’alcol.

Tomás abbozza un sorriso che non raggiunge gli occhi. È una smorfia studiata, un altro strumento nel suo arsenale di inganni. “Non è un gingillo, Atanasio. È la chiave. La chiave di tutto. Non ti sei mai chiesto perché i Gálvez de Aguirre sono i padroni indiscussi di questo valle da generazioni? Credi sia stato solo per il sudore della loro fronte?”

Atanasio scuote la testa, i suoi piccoli occhi brillano di un misto di avidità e confusione. “Ho sempre pensato fosse per l’eredità, per il sangue.”


“Il sangue si diluisce, amico mio”, sibilra Tomás, chinandosi sul tavolo di legno consunto, la sua voce un sibilo cospiratorio. “Ma i documenti, i titoli di proprietà originali, quelli sono eterni. Ciò che conservano in quella cassaforte non è oro né gioielli. È potere. Il potere di stabilire quale palmo di questa terra appartiene a chi. E mi è stato detto da fonti molto affidabili che ci sono irregolarità, carte che dimostrano che gran parte di ciò che chiamano loro in realtà appartiene ad altre famiglie. Famiglie che sono state cacciate molto tempo fa. Famiglie come la mia.”

È una bugia superba, tessuta con fili di verità e risentimento, studiata per fare appello al vago senso di ingiustizia di un uomo come Atanasio. Tomás non cerca giustizia, né gli importa la terra in sé. Il suo obiettivo è concreto e prezioso, ma necessita che il capataz creda in una causa più grande.

“E io cosa ci guadagno in tutto questo?”, chiede Atanasio, tentando di apparire più astuto di quanto non sia.


“La domanda è: cosa non guadagni?”, replica Tomás, riempiendo nuovamente il bicchiere del suo interlocutore. “Quando tutto questo verrà a galla, quando la verità sarà svelata, i Gálvez de Aguirre cadranno. E chi credi sarà lì a raccogliere i pezzi? Un uomo leale, un uomo che ha saputo vedere la verità. Diventerai qualcuno di importante, Atanasio. Avrai le tue terre. Smetterai di essere il cane da compagnia di un Duca per diventare il tuo padrone. Ho solo bisogno che tu mi dica una cosa: quando è libero lo studio? Qual è il momento migliore per fare una visita?”

Atanasio beve d’un fiato. L’avidità offusca il poco giudizio che gli rimane. L’immagine di sé come proprietario terriero, rispettato e temuto, è troppo seducente. “I giovedì”, dice infine con voce roca. “I giovedì sera, il Signore Duca va sempre nella capitale. Si incontra con degli avvocati. La casa rimane quasi vuota, solo il servizio e un capataz che guarderà altrove.”

Tomás gli dà una pacca sulla spalla che finge cameratismo, ma porta il peso di una sentenza. “Sei un uomo intelligente, Atanasio. Sapevo di potermi fidare di te.”


Mentre Atanasio si perde nei suoi sogni di grandezza, Tomás lo osserva con un disprezzo gelido. Il capataz è un pedone. Uno strumento grezzo e necessario. L’obiettivo finale non è nessun titolo di proprietà. È qualcosa di più piccolo, più facile da trasportare e, per lui, infinitamente più prezioso: il collier di smeraldi della prima Duchessa de Aguirre, un pezzo leggendario che, si rumoreggia, nasconde nella sua chiusura un diamante di incalcolabile grandezza e purezza. Un oggetto che appartiene alla sua stessa storia familiare. Rubato, secondo la versione che suo padre gli ha raccontato all’infinito, dai Gálvez de Aguirre un secolo fa. Non è giustizia ciò che cerca, è vendetta. Una vendetta personale, redditizia e distruttiva.

L’Ombra del Passato: Luisa Ricattata

E per portare a termine la sua macchinazione, Tomás ha bisogno di un altro pezzo sulla sua scacchiera, uno molto più delicato e, pertanto, molto più pericoloso da maneggiare: Luisa.


Luisa sente il panico come un’edera gelida che le risale la spina dorsale. Da quando Tomás è tornato nel Valle, l’aria stessa sembra essersi fatta più densa, più difficile da respirare. Ogni scricchiolio del legno nella sua piccola e ordinata casa, ogni ombra che si muove nel giardino le provoca un sussulto. Vive in uno stato di allerta costante, come un animale braccato.

Quel pomeriggio, mentre annaffia i vasi di gerani che adornano il suo portico, lo vede avvicinarsi lungo il sentiero. La sua figura alta e snella si staglia contro il sole al tramonto e per un istante il cuore di Luisa si ferma. Non è più il ragazzo che ricordava, il giovane dal sorriso facile e dagli occhi sognanti con cui aveva condiviso segreti e speranze. Quest’uomo è diverso, affilato dal tempo e dall’amarezza, e nei suoi occhi c’è una durezza che la terrorizza.

“Bei fiori, Luisa”, dice lui, fermandosi davanti alla piccola staccionata di legno. La sua voce è dolce, quasi mielata, ma ha una nota metallica che le fa accapponare la pelle. “Hai sempre avuto un buon pollice per le piante, per far crescere le cose.”


Luisa stringe l’ugello dell’annaffiatoio, le nocche bianche. Non risponde. Non può. Le parole le si sono bloccate in gola, trasformate in una palla di paura.

“Non mi inviti ad entrare?”, continua lui, il suo sorriso storto rivelando una punta di crudeltà. “Dopo tanti anni, pensavo avremmo avuto molto di cui parlare.”

Con uno sforzo sovrumano, Luisa riesce ad articolare una frase. “Non hai niente da fare qui, Tomás. Vattene.”


“Uh, ma ho qualcosa da fare qui”, dice lui, e in un movimento rapido apre il cancelletto ed entra nel piccolo giardino, avvicinandosi a lei. L’odore di tabacco e di una colonia economica la avvolge. Nausea. “Abbiamo un conto in sospeso, tu ed io. Un piccolo segreto. Lo ricordi?”

Luisa indietreggia fino a sbattere la schiena contro il muro della casa. Chiude gli occhi, ma l’immagine le torna alla mente con una chiarezza brutale. Una notte di tempesta. Due giovani spaventati, una decisione terribile, e il suono della terra umida che cade su un fagotto avvolto in una coperta. Un segreto sepolto, letteralmente e figurativamente, che ha avvelenato ogni giorno della sua vita da allora.

“È rimasto nel passato”, sussurra lei con la voce rotta.


“Il passato non resta mai nel passato, cara Luisa”, dice Tomás, la sua voce ora un sussurro minaccioso vicino al suo orecchio. “Trova sempre il modo di tornare. E ora è tornato, e vuole un favore.”

“Non farò niente per te.”

Tomás ride. Un suono secco e sgradevole. “Certo che lo farai. Lavori nella casa grande. Sei una delle cameriere di maggior fiducia. Conosci ogni angolo, ogni routine, ogni serratura. Mi aiuterai a entrare? Mi faciliterai l’accesso allo studio del Duca?”


“Sei pazzo?”, sibila Luisa. “Mi ucciderebbero.”

“L’alternativa è che io parli”, dice lui, il suo volto ora a pochi centimetri dal suo, i suoi occhi fissi nei suoi con un’intensità predatoria. “Che racconti a tutto il Valle, al sergente della Guardia Civil, ai tuoi datori di lavoro. Che racconti a tutti cosa abbiamo fatto quella notte. Cosa hai fatto tu. Come credi che ti guarderebbe la gente allora, la dolce, la lavoratrice, l’onesta Luisa? Cosa penserebbero se sapessero che sotto quella facciata si nasconde un’assassina?”

La parola la colpisce con la forza di un pugno nello stomaco. L’aria le abbandona i polmoni in un sibilo. Le lacrime che aveva trattenuto sgorgano dagli occhi, tracciando solchi caldi sulle sue guance. “Non è stato così, io…”


“I dettagli non importeranno a nessuno”, sentenzia Tomás implacabile. “Importa solo il fatto. E la tua vita, questa piccola e tranquilla vita che tanto ti è costato costruire, andrà in frantumi. Quindi pensaci bene. Da un lato, un piccolo rischio. Dall’altro, la rovina totale. La prigione, il disprezzo di tutti. La scelta è tua, ma sai anche tu, come me, che non hai scelta.”

Si allontana da lei, concedendole spazio per respirare, ma l’aria rimane irrespirabile. Si tira fuori una sigaretta dalla tasca e l’accende con calma, osservandola con una sufficienza crudele mentre lei si affloscia contro il muro, tremando in modo incontrollabile.

“Tra due sere, il Duca non ci sarà. Atanasio si assicurerà che la sorveglianza sia lassista. Tu dovrai solo lasciarmi aperta una delle porte di servizio della cucina. Tutto qui. Un piccolo gesto, e poi scomparirò dalla tua vita per sempre, e il nostro segreto morirà con me.”


Si volta e se ne va, tranquillo come era arrivato, lasciando Luisa sola con l’eco delle sue parole, con l’odore acre della sua minaccia e con la certezza devastante che il suo passato, quel mostro che credeva di aver sepolto, è tornato per divorarla. Il suo futuro, la sua pace, tutto ciò per cui aveva lottato, è di nuovo in bilico, sospeso sull’abisso di un segreto inconfessabile.

La Gabbia Dorata: Amori Imprigionati e Doveri Inesorabili

Lontano dalle ombre e dalle cospirazioni, nei lussuosi saloni della Casa Grande e della magione dei Velasco, si combattono altre battaglie, più silenziose ma non meno crudeli. Irene e Leonardo, eredi delle due famiglie più potenti del Valle, si sentono come prigionieri in una gabbia dorata. Il loro amore, un sentimento puro e appassionato che è fiorito di nascosto, si scontra frontalmente contro i muri delle aspettative e delle ambizioni dei loro genitori.


Quel pomeriggio, Irene affronta sua madre, la Duchessa, nel salone degli arazzi. La luce filtra dalle alte finestre, illuminando le scene di caccia e battaglie tessute sui muri, un costante promemoria del lignaggio e del dovere che la opprimono. “Non capisco il tuo atteggiamento”, dice Irene alla Duchessa, la sua voce fredda ed elegante come il suo portamento. “Il figlio dei Marchesi di Valdecruces è un partito ineguagliabile: un titolo, una fortuna, una posizione sociale impeccabile. Questo dovrebbe assicurare il futuro di questa famiglia.”

“Il mio dovere è essere felice, madre”, replica Irene, la sua voce tremante di frustrazione. “Io… io non amo quell’uomo, non lo conosco nemmeno.”

“L’amore è un lusso che la nostra classe non sempre può permettersi”, sentenzia la Duchessa, lisciando una piega inesistente del suo vestito di seta. “L’amore viene con il tempo, con l’abitudine, con il rispetto reciproco e gli interessi condivisi. Tuo padre ed io non ci amavamo quando ci siamo sposati, eppure abbiamo costruito un impero. Hai avuto una vita di privilegi, Irene. È arrivato il momento che tu paghi la tua parte.”


“Pagare con la mia vita, con la mia felicità!”, Irene si alza, incapace di restare seduta. “Non vi importa di ciò che provo, siete solo un pezzo sulla vostra scacchiera.”

“Sei una Gálvez de Aguirre”, dice sua madre, il suo tono finale, inappellabile, “e questo comporta responsabilità. Ti sposerai con lui. La decisione è presa.”

Irene esce dal salone trattenendo le lacrime, sentendo le pareti della sua casa chiudersi su di lei. Ogni oggetto di lusso, ogni quadro antico, ogni metro quadro di quella immensa casa, le appare come una sbarra in più della sua prigione.


A diversi chilometri di distanza, Leonardo vive una scena simile. Suo padre, un uomo d’affari implacabile e di poche emozioni, lo ha convocato nel suo studio. Un santuario di pelle scura, mogano e odore di successo e autorità. “Ho revisionato i rapporti della cantina”, dice il signor Velasco senza alzare lo sguardo dai fogli che ha sulla scrivania. “La produzione è calata. La tua gestione lascia molto a desiderare.”

“Abbiamo avuto un cattivo raccolto, padre”, si difende Leonardo.

“La siccità. Scuse!”, lo interrompe suo padre, battendo la mano sul tavolo. “Un buon manager prevede le contingenze, ma tu non sei concentrato. Hai la testa altrove.”


“In quella ragazza, la sorella della promessa di José Luis…” Leonardo si irrigidisce.

“Si chiama Bárbara. E i miei sentimenti per lei non influenzano il mio lavoro!”, ruggisce suo padre. “Influenzano tutto! Influenzano il nostro nome, la nostra reputazione. Cosa credi che dica la gente? Il figlio dei Velasco che insegue una bracciante! È una vergogna. Ti ho proibito di vederla e tu ancora disobbedisci. Questa situazione è finita, Leonardo. Andrai nella capitale, dirigerai l’ufficio esportazioni e sposerai la figlia del nostro socio, il signor Mendoza. È un’alleanza che ci avvantaggerà entrambi. Fine della discussione.”

Leonardo rimane in piedi, muto, sentendo un’ondata di impotenza e rabbia. Suo padre non lo considera nemmeno una persona, ma uno strumento per i suoi affari. Il suo amore per Bárbara è ridotto a un capriccio vergognoso e il suo futuro viene tracciato senza consultarlo, come se fosse un’altra proprietà della famiglia.


Più tardi, al riparo della notte, Irene e Leonardo si incontrano nel loro luogo segreto: un vecchio ponte di pietra sul fiume che segna il confine delle terre di entrambe le famiglie. La luna piena si riflette sull’acqua e il suono del fiume è l’unico testimone della loro disperazione.

“Non ce la faccio più, Leonardo”, sussurra Irene, rifugiandosi nel suo abbraccio. “Vogliono farmi sposare. Mi sento come un animale che viene portato al macello.”

“A me esiliano nella capitale”, risponde lui, accarezzandole i capelli, la sua voce carica di amarezza. “Vogliono che sposi la figlia di un socio? Ci stanno separando. Ci stanno strappando l’anima.”


Si guardano negli occhi e nello sguardo dell’altro vedono riflesso il loro stesso dolore, la loro stessa impotenza. Il loro amore è l’unica cosa reale e pura nelle loro vite, ma il mondo che li circonda sembra deciso a distruggerlo.

“Fuggiamo”, dice Irene all’improvviso con un’urgenza febbrile. “Lasciamo tutto. I soldi, i cognomi, gli obblighi. Andiamocene lontano, in un posto dove nessuno ci conosca, dove possiamo essere solo tu ed io.”

Leonardo la guarda, il cuore diviso. Il desiderio di libertà è immenso, una chiamata quasi irresistibile. Ma la paura, il dubbio, il peso di un’intera vita di responsabilità lo ancorano a terra. “E dove andremmo, Irene? Di cosa vivremmo? Io non so fare altro che dirigere una cantina.”


“Imparerei!”, lo interrompe lei con una determinazione feroce. “Farei qualsiasi cosa. Pulirei case. Cucirei qualsiasi cosa. Finché sarò con te, sarò felice. La ricchezza non mi importa se il prezzo è vivere una bugia.”

Rimangono in silenzio, abbracciati sotto la luna, soppesando il peso dei loro mondi. L’idea della fuga è un sogno allettante, una luce di speranza nell’oscurità della loro disperazione. Ma entrambi sanno che fare quel passo significherebbe bruciare tutti i ponti, affrontare un futuro incerto e sfidare due delle famiglie più potenti della regione. La pressione che li soffoca è immensa, e la scelta che hanno davanti tra il dovere e il cuore sembra sempre più impossibile.

Il Cuore Diviso di Bárbara e la Decisione di Adriana


Tra l’amore e la ragione, il cuore di Bárbara è un campo di battaglia. Gli ultimi avvenimenti l’hanno lasciata esausta, emotivamente dissanguata. La relazione con Leonardo è un turbine di passione e dolore, di momenti di felicità sublime seguiti da abissi di disperazione. Sente di amarlo con ogni fibra del suo essere, ma quell’amore sembra condannato, una bellissima nave senza timone, alla deriva in un mare di impossibili.

Cerca rifugio nell’unico porto sicuro che le rimane: sua sorella maggiore, Clara, nella cui piccola e accogliente cucina l’odore del pane appena sfornato e della saggezza riesce sempre a placare un po’ le sue tempeste. “È come se stessimo inseguendo un fantasma, Clara”, dice Bárbara, mescolando con un cucchiaino il caffè che si raffredda nella sua tazza. “Ogni volta che crediamo di poterlo raggiungere, che possiamo essere felici, succede qualcosa. La mia famiglia, la mia posizione, tutto si intromette. È un muro troppo alto e sono stanca di sbatterci contro.”

Clara, una donna pratica e dal cuore grande, la ascolta con attenzione mentre impasta la massa per la cena. Le sue mani, infarinate e forti, sono il simbolo del suo carattere. “L’amore vero non è mai facile, sorellina”, dice dolcemente. “Soprattutto quando ci sono così tante cose in gioco. Ma devi chiederti se la lotta ne vale la pena. Se lui, Leonardo, è disposto a lottare al tuo fianco con la stessa forza tua.”


“Ci prova”, sospira Bárbara. “Ma è legato, legato a suo padre, al suo nome, alla sua eredità. A volte lo guardo e vedo un prigioniero. Come posso chiedergli di abbandonare tutto per me? E se poi se ne pente? E se alla fine mi odiasse per avergli fatto rinunciare al suo mondo?”

“Sono domande a cui solo lui può rispondere”, dice Clara, lasciando la massa in una ciotola a lievitare. “Ma tu devi pensare a te, alla tua felicità. Leonardo è un ottovolante. Ti porta in paradiso e poi ti lascia cadere. E nel frattempo, hai José Luis.”

Bárbara abbassa lo sguardo. José Luis, il sergente della Guardia Civil. Un uomo buono, onesto, stabile, un uomo che le ha offerto non una passione travolgente, ma un porto sicuro. Le ha proposto il matrimonio, le ha offerto una vita di tranquillità, di rispetto, un futuro senza scossoni.


“José Luis è diverso”, mormora Bárbara. “Con lui sarebbe tutto semplice. Sarei la moglie del sergente. Avrei una casa, una posizione nel paese, rispetto, pace.”

“E non lo ami”, afferma Clara, non come una domanda, ma come un dato di fatto.

“Non come Leonardo”, ammette Bárbara con un nodo in gola. “Ma gli voglio bene, un bene profondo, lo rispetto. E al suo fianco non ci sarebbero lacrime, non ci sarebbero notti insonni, non ci sarebbe questa sensazione costante che il suolo possa scomparire sotto i miei piedi in qualsiasi momento. A volte, Clara, credo che la pace sia una forma di felicità molto più preziosa della passione.”


Clara si asciuga le mani sul grembiule e si siede di fronte a lei, prendendole le mani tra le sue. “Ascoltami bene. Non lasciare che la paura decida per te. Non scegliere un uomo solo perché non è l’altro. Pensa a ciò che vuoi veramente per la tua vita. Vuoi un amore che ti faccia sentire viva, anche se a volte fa male? O vuoi una vita tranquilla, anche se una parte di te rimarrà addormentata per sempre? Nessuna delle due opzioni è sbagliata, Bárbara. Ma devi essere onesta con te stessa, perché con la decisione che prenderai, dovrai convivere ogni mattina al risveglio.”

Le parole di sua sorella risuonano dentro di lei per il resto della giornata. Mentre cammina verso casa sotto il cielo arancione del tramonto, Bárbara soppesa i suoi due futuri. Un futuro con Leonardo è una tela bianca, piena di colori vibranti e tratti incerti, capace di diventare un’opera d’arte o un disastro incomprensibile. Un futuro con José Luis è un disegno ben definito, dalle linee chiare e prevedibili, un’immagine di serenità e ordine. Il cuore le grida il nome di Leonardo. La ragione, con una voce molto più serena ma insistente, le sussurra quello di José Luis. Si sente divisa in due, lacerata da una scelta che definirà il resto della sua esistenza. E per la prima volta, la proposta di José Luis, che inizialmente le era sembrata folle, comincia ad acquisire il peso di un’opzione reale, una via d’uscita d’emergenza da quel labirinto di dolore in cui si era trasformato il suo amore per Leonardo.

La Terra o il Cuore: Adriana al Bivio Decisivo


La terra o il cuore. Per Adriana, il dilemma non è meno profondo, ma i suoi elementi sono diversi. Non si tratta di due uomini, ma di due mondi. Il mondo che rappresenta l’eredità di suo padre, Valle Salvaje, ogni palmo di quella terra per cui ha lottato e per cui è morto. E il mondo che le offre Rafael: un futuro di amore, pace e normalità, lontano dalle dispute di potere e dalle responsabilità che la schiacciano. Ha di fronte a sé la proposta del Duca: cedere le terre, porre fine alla guerra, e in cambio ricevere una compensazione economica che le permetterà di ricominciare da capo altrove. Con Rafael, la felicità è a portata di mano, così vicina che quasi può assaporarla. Una vita senza il peso di essere la patrona, senza il peso delle decisioni che influenzano decine di famiglie, senza lo scontro costante con i potenti.

Quella mattina cammina da sola per le sue terre. L’aria fresca profuma di rosmarino e di terra umida. Si china e raccoglie una manciata di polvere rossastra, lasciandola scorrere tra le dita. È la terra di suo padre, la terra dei suoi nonni. Ogni albero, ogni ruscello, ogni collina le racconta una storia. Ricorda i pomeriggi d’estate a cavallo con suo padre, la sua voce grave che le spiegava i cicli della semina e del raccolto, il nome di ogni pianta, il segreto di ogni sorgente.

“Questa terra è viva”, le aveva detto una volta con quella passione che lo caratterizzava. “Non è solo un pezzo di mappa, ha memoria, ha anima, ed è nostra responsabilità prendercene cura, proteggerla. Perché noi passeremo, ma lei rimarrà.” Rinunciare a Valle Salvaje si sente come un tradimento. Un tradimento a suo padre, alla sua memoria, a tutto ciò che lui le aveva insegnato. È come strapparsi le radici. Chi sarebbe lei senza quella terra? In cosa si trasformerebbe?


Ma poi pensa a Rafael. Pensa al suo sorriso onesto, alla calma che le trasmette la sua presenza, al modo in cui le sue mani, grandi e forti per il lavoro, sanno essere incredibilmente tenere. La sera prima avevano cenato insieme nella sua piccola casa. Avevano parlato di cose semplici, di sogni piccoli e possibili. “Potremmo andare al nord”, le aveva detto lui, i suoi occhi che brillavano di illusione. “Comprare una piccola fattoria vicino al mare. Avremmo un paio di vacche, un orto. Io potrei tornare al mio mestiere di falegname. Tu, tu potresti essere semplicemente Adriana, senza altri titoli né responsabilità. Potremmo passeggiare sulla spiaggia, leggere libri accanto al fuoco d’inverno, essere felici.”

L’immagine è così potente, così seducente, che ad Adriana si riempiono gli occhi di lacrime. Desidera quella pace, desidera quella semplicità, desidera un amore che non sia costantemente minacciato dalle lotte di potere. Rafael le offre un rifugio, una casa per il suo cuore stanco, ma il prezzo di quella casa è abbandonare la casa dei suoi antenati.

Si siede su una roccia che domina il valle, lo stesso luogo da cui suo padre era solito contemplare i suoi domini. Il sole le scalda il viso e una leggera brezza le scompiglia i capelli. Il dilemma la consuma. Deve scegliere tra il dovere e il desiderio, il passato e il futuro, la memoria di suo padre o la sua felicità. Per ore rimane lì immobile mentre il sole percorre il cielo. Soppesa ogni argomento, ogni emozione. Ascolta la voce di suo padre nel sussurro del vento e la promessa di Rafael nel battito del suo stesso cuore. E lentamente, con la dolorosa chiarezza che a volte precede le grandi decisioni, una certezza inizia a prendere forma dentro di lei. Non è l’opzione facile, non è l’opzione che tutti si aspettano, ma è la sua. L’unica che, qualunque cosa succeda, le permetterà di guardarsi allo specchio senza sentirsi tradita.


Con l’anima in sospeso, ma il passo fermo, si alza e intraprende il cammino di ritorno verso casa. Il crepuscolo tinge il cielo di viola e arancione. Il tempo del dubbio è finito. Ha preso una decisione e ora deve affrontarne le conseguenze. Entra nel suo studio, lo stesso studio da cui suo padre ha governato il valle, e si siede al tavolo. Prende una penna, la intinge nell’inchiostro e scrive una breve nota. Le sue mani non tremano.

“Signor Duca, ho preso una decisione riguardo alla sua proposta. La prego di ricevermi domani a mezzogiorno alla Casa Grande per comunicargliela personalmente. Cordialmente, Adriana.”

Chiama uno dei suoi uomini di fiducia e gli consegna la nota. “Porta questo alla Casa Grande.” Immediatamente l’uomo annuisce ed esce. Adriana rimane sola nella penombra dello studio, circondata dai fantasmi del suo passato e dalle incertezze del suo futuro.


La sorte è tratta. Domani affronterà il Duca. Domani il destino di Valle Salvaje e il suo saranno sigillati. Avrà scelto di proteggere l’eredità familiare aggrappandosi alla terra con le unghie e con i denti, come avrebbe fatto suo padre, o avrà deciso di fidarsi della promessa di un nuovo inizio, rinunciando a tutto per la possibilità di essere finalmente felice? La risposta fluttua nell’aria densa della notte, così pesante e trascendentale come la terra stessa che è al centro di tutto. E solo lei la conosce.